Cessione del quinto: grazie a TutelaTi recuperati 12mila euro

La cessione del quinto come prestito personale è un diritto di qualsiasi lavoratore del settore pubblico, di una grande azienda o di pensionati che abbiano necessità finanziaria immediata. Ma le banche tendono a raggirare chi ne fa richiesta: una donna a Genova è stata costretta a rinnovare il prestito dopo un anno senza ricevere un rimborso dovuto di 12mila euro dovuti per legge.

Quando si ricorre alla cessione del quinto dello stipendio, c’è  la possibilità di estinguere anticipatamente una pratica e avviarne una nuova senza dover incorrere in penali o costi aggiuntivi, anzi ottenendo un rimborso delle spese sostenute in proporzione agli anni che si sono pagati anticipatamente.

Unica regola, è vietato contrarre una nuova cessione prima che siano trascorsi due anni dall’inizio della cessione stipulata per un quinquennio o almeno quattro anni per quanto riguarda invece quelle della durata decennale. Le banche, infatti, spesso offrono ai consumatori di stipulare nuovi prestiti per aumentare il loro guadagno su queste operazioni, senza rimborsare il dovuto e facendo aumentare a dismisura i costi.

Uno dei casi di violazione dell’articolo 39 della Legge 180/1950 , quello che appunto regola la tempistica della chiusura dei contratti della cessione del quinto, è avvenuto proprio a Genova, e ha visto come protagonista una dipendente statale che si era rivolta alla banca per ricevere un finanziamento della durata di 10 anni. Oltre ai costi di commissione esagerati, la donna è stata nuovamente finanziata dall’istituto dopo solamente un anno dalla stipula, con ulteriori costi di commissione.

Sulla complessità di alcune procedure e sulla totale disinformazione dei diritti dei consumatori, infatti, le società finanziarie hanno messo in atto una serie di comportamenti illeciti ai danni di coloro che invece si erano rivolti a loro in un particolare momento di difficoltà economica. Altro aspetto è che quando un contratto viene estinto in una data antecendente a quella stabilita, la banca è obbligata a restituire proporzionalmente al tempo residuo di durata i costi riguardanti i servizi che non verranno più usufruiti.
Sempre in questo caso, la lavoratrice, a fronte di un prestito di 21mila euro, ne avrebbe dovuti restituire 35mila, proprio a causa delle commissioni finanziarie pari a 3.500 euro, commissione accessorie di 3.186 euro e infine 6mila euro di interessi
.

L’associazione a difesa dei consumatori TutelaTi, grazie a un’attenta analisi dei conti e del contratto stipulato, è riuscita a smascherare l’aggiramento della legge operato dalla Banca e soprattutto a recuperare 12mila euro, restituiti alla cittadina.

In moltissimi casi è possibile ottenere la restituzione integrale delle commissioni e dei costi non maturati fino alla scadenza del contratto e anche verificare oneri illegali a carico del cittadino.

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